Provate a immaginare: un bambino in età prescolare torna a casa turbato e, fra un singhiozzo e l’altro, racconta ai suoi genitori di non volere più andare all’asilo. «Cosa è successo?», chiedono i genitori. «Oggi è arrivata una signora che ha raccontato una storia di bambini dell’asilo tutti nudi, e ci ha fatto vedere delle foto», risponde il bambino. «Oh no! E poi?», chiedono i genitori. «E poi abbiamo visto molte altre cose schifose, ma non voglio parlarne, non voglio più andare all’asilo».

Nella rivista specializzata di ostetricia è recentemente apparso, con il titolo «Un’ostetrica fa chiarezza alla scuola dell’infanzia», un articolo sulla ripugnante «educazione sessuale» impartita ai bambini in età prescolare nel canton Grigioni. L’autrice e ostetrica Ruth Niederreiter vi descrive le attività che svolge durante le sue visite nelle scuole dell’infanzia. Il sottotitolo dell’articolo postula a caratteri cubitali che «le preoccupazioni a riguardo
della sessualizzazione precoce sono infondate». Chi si scusa prima ancora di aver commesso l’atto rientra tuttavia nella famosa categoria del «chi si scusa s’accusa».

L’articolo è una mistura tossica di sessualizzazione precoce, indottrinamento femminista e propaganda LGBT+. La lezione inizia con spiegazioni sulle diverse «costellazioni familiari». Si può facilmente immaginare dove vada a parare tutto ciò. Ai bambini viene mostrata una casa dove vivono coppie omosessuali ed eterosessuali con e senza figli: il concetto di famiglia viene svuotato del suo significato e costellazioni famigliari fuori dall’ordinario vengono dipinte come la nuova normalità.

Poi si passa a vestire delle figure di carta. L’ostetrica Niederreiter incoraggia i bambini a vestire la figura di ragazza con abiti maschili e quella del ragazzo con delle gonne. La figura di ragazzo riceve anche una splendida, lunga chioma. Pura propaganda transgender per bambini dai quattro ai sei anni.

A seguire, a coronamento del tutto, vi sono poi gli esercizi pratici. Fedeli al concetto, sempre più in voga nella «educazione sessuale», secondo il quale la sessualità può essere appresa solo se poi accade anche qualcosa di sessuale, quanto detto viene messo in pratica. Così si passa a illuminare con la torcia le varie parti del corpo dei bambini, che devono poi dire se desiderano essere toccati o meno sulla parte illuminata. Naturalmente, non sfuggono all’illuminazione l’area genitale e il sedere. Tralasciamo qui la questione sia lecito o meno toccare un bambino nelle zone intime.

Gli esercizi sessuali sono pensati per abbassare il senso di pudore dei bambini. Lo sdoganare come normali, relazioni familiari in frantumi li disorienta e la banalizzazione dei sessi li priva della loro identità. Senza pudore, disorientati e senza una identità certa, diventano facile preda di attacchi di qualsiasi genere.

L’Associazione Iniziativa di protezione ha perciò deciso di intervenire. Trovate ulteriori informazioni nel riquadro sottostante.

LETTERA DI AVVERTIMENTO AI GENITORI NEI GRIGIONI

Ciò che avviene attualmente nelle scuole dell’infanzia va fermato! L’Associazione Iniziativa di protezione è intervenuta inviando una lettera informativa a oltre mille genitori del canton Grigioni, indicando come procedere:

  • Ribadite che l’educazione sessuale è compito dei genitori. Ricordate che la scuola dell’infanzia non è il posto adatto dove svolgere educazione sessuale, poiché è un’attività non consona all’età. Opponetevi! La prevenzione contro l’abuso sui minori è compito della polizia.
  • Non abbiate timori a protestare presso la scuola dell’infanzia o la scuola elementare frequentata da vostro figlio o vostra figlia in caso di bisogno. Vedrete che un atteggiamento di questo tipo produce effetti. Carcate inoltre il contatto con altri genitori.
  • Raccontateci la vostra storia e mettetevi in contatto con noi in caso di bisogno.

Andreas Gafner
Consigliere nazionale / BE

Nel mio ultimo rapporto da Berna avevo tematizzato la crescente digitalizzazione precoce dei nostri giovani e mi chiedevo se ciò costituisse un pericolo. Un ricercatore del cervello tedesco, Manfred Spitzer, fornisce una risposta inequivocabile in merito: secondo lui, gli smartphone rendono i nostri figli «malati, stupidi e dipendenti». La notizia nelle scorse settimane è rimbalzata anche sui media svizzeri, come Blick e 20 Minuten. Il noto scrittore svizzero Rolf Dobelli è persino giunto a chiedere l’imposizione di un divieto di fruizione dei social media ai minori di 16 anni. I media hanno inoltre affrontato la questione se gli smartphone debbano essere banditi dalle aule scolastiche in Svizzera.

Vorrei a questo punto allargare il discorso e porre la domanda se la digitalizzazione precoce non coincida anche con la sessualizzazione precoce. È una domanda che mi sono posto molte volte alla luce delle impressionanti cifre recentemente pubblicate dalle forze dell’ordine. Se nel 2012 erano 80 gli adolescenti condannati per reati legati alla pornografia, nel 2018 la cifra era già salita a 419, per poi superare, con i 1024 casi del 2022, la fatidica soglia dei 1000 procedimenti l’anno. E questa probabilmente è solo la punta dell’iceberg, perché il più delle volte la diffusione di materiale pornografico illegale non viene nemmeno denunciato.

La polizia del canton Vaud ha perciò intrapreso la lotta contro la sessualizzazione precoce nelle aree di ricreazione e nelle aule scolastiche con la recente realizzazione di un video in collaborazione con il servizio di Prevenzione Svizzera della Criminalità. «Ehi, tu! Ti osservo e so cosa hai fatto ieri. Hai guardato un video porno. Eh no, non è per nulla okay.» È così che inizia il video, della durata di tre minuti, che mette in guardia bambini e adolescenti dai pericoli della pornografia legale e illegale e dalla condivisione di foto e video intimi.

Nel video, una voce mette in guardia lo spettatore dal consumo di pornografia legale da parte dei minori. Secondo il Codice penale svizzero, infatti, la redistribuzione di materiale pornografico ai minori di 16 anni è un reato. Il video della polizia cantonale vodese menziona anche le conseguenze del sexting tra minori, cioè lo scambio di foto e video intimi. Chiunque condivide immagini intime, deve considerare che la polizia prima o poi potrebbe, citiamo: «arrivare nella tua scuola, entrare nella tua aula, arrivare al tuo banco» e «portarti via con sé». E poi: «Ricorda sempre: ti osservo, giorno e notte. Perché sono io.» Poi si scopre che dietro all’uomo con la barba c’è una donna, una madre, che dice: «E voglio solo il tuo bene!»

Certo, il video è molto diretto e drastico. Del resto, non ci è voluto molto prima che si materializzasse una «esperta di violenza sessualizzata e consulenza alle vittime» per criticare, sui media, il video, definendolo «terrificante e altamente problematico sotto molti punti di vista». Ma come raggiungere altrimenti bambini e adolescenti ai tempi di TikTok, Snapchat e Instagram, con le sempre più brevi finestre di attenzione favorite da queste app? A mio parere, è proprio con video di questo tipo, pubblicati esattamente su quegli stessi canali social frequentati dai giovani toccati dal problema. Del resto, il video non racconta fiabe: la polizia di Zurigo già ora si reca, una o due volte la settimana e di buon’ora il mattino, a casa di adolescenti sospetti per operare perquisizioni alla ricerca di materiale pornografico illegale, il tutto alla presenza di genitori, fratelli e sorelle. Un’esperienza che non auguriamo a nessun genitore.

A questo riguardo intendo chiedere al Consiglio federale cosa abbia intenzione di fare per contrastare l’aumento dei reati di pornografia tra i minori.

Andreas Gafner
Consigliere nazionale, Oberwil im Simmental (BE)

Nelle scorse settimane, numerosi genitori indignati hanno riferito all’Associazione Iniziativa di protezione di lezioni di «educazione sessuale» invadenti impartite nelle scuole dei loro figli. Nel mirino delle critiche è finita l’associazione «Achtung Liebe» (Attenzione amore), i cui operatori, privi di formazione in campo pedagogico, spiegano ai bambini pratiche sessuali «creative», mettendoli in imbarazzo e offendendo il loro senso del pudore.

L’associazione «Achtung Liebe» si definisce senza scopo di lucro e gestisce delle strutture presso le università di Basilea, Berna e Zurigo. Possono collaborare con l’associazione «studenti motivati» di tutte le facoltà. «Iniziativa di protezione – attualità» ha chiesto al noto esperto prof. dott. Jakob Pastötter, presidente della Società tedesca per la ricerca sessuale nel campo delle scienze sociali, un parere sui concetti ai quali si rifà «Achtung Liebe». Le sue conclusioni sono senza appello.

Consapevolezza di oltrepassare i limiti
Il prof. Pastötter critica anzitutto il fatto che i bambini non sono sufficientemente attrezzati per affrontare con spirito critico contenuti di questo tipo e pertanto subiscono i workshop sul sesso senza potervi opporre resistenza. Gli insegnanti restano fuori dalla porta e i genitori non ricevono informazioni, o se le ricevono sono superficiali. I bambini vengono rassicurati, viene loro detto che si tratta di uno spazio protetto, dal quale non esce nulla. Una volta chiusa la porta dell’aula, gli «educatori sessuali» senza qualifiche hanno via libera e pongono domande intime con un linguaggio pornografico e locuzioni scurrili da slang giovanile offensive e imbarazzanti per i bambini. Un modus operandi altamente discutibile dal punto di vista pedagogico e psicologico, che costituisce una grave violazione della sfera intima dei bambini. In proposito, il prof. Pastötter osserva come una classe di scuola non sia mai omogenea e sia in realtà composta da allievi in differenti stadi di sviluppo. Una realtà, questa, del tutto ignorata, dal momento che viene postulata la «normalità» e la totale omogeneità di tutti gli allievi di una classe.

Puramente ideologica e per nulla scientifica
«Achtung Liebe» propaga l’educazione sessuale «completa», o «olistica» (CSE)1 dell’OMS e i cosiddetti «diritti sessuali» dell’IPPF2, in realtà nocivi per i bambini. Centrale in questa ideologia onnicomprensiva della sessualità è l’appagamento sessuale sin dalla nascita. In altri termini, i bambini avrebbero il diritto di essere istruiti a compiere atti sessuali su sé stessi e su altri! Un diritto che andrebbe riconosciuto a tutti i bambini e gli adolescenti. «Achtung Liebe» propaga apertamente la «formazione in campo sessuale», la «focalizzazione sul piacere», un orientamento «femminista» e l’impegno in favore delle «persone LGBTQIA+*». Ideologia allo stato puro! Ma di amore vero, senso di responsabilità, considerazione per la famiglia, fedeltà, nessuna traccia.

«Achtung Liebe» dice di trasmettere «informazioni corrette dal punto di vista scientifico». Secondo il prof. Dr. Jakob Pastötter, l’associazione trasmette invece nozioni pseudoscientifiche, nebulose e fuorvianti, utili solo all’autoreferenzialità di questi ideologi sessuali. Concetti come «formazione sessuale» e «olismo» tradiscono «mania di fattibilità, megalomania, autoritarismo dittatoriale e manipolazione psicologica». Siccome non esistono studi pertinenti, simili forme di pedagogia sessuale non sono corroborate scientificamente. Non esistono, del resto, studi a lungo termine al riguardo.

Il prof. Pastötter si oppone categoricamente a che «ad adulti non qualificati venga concesso di trattare argomenti intimi e di condizionare a piacimento la sfera intima di bambini e adolescenti, approfittando oltretutto di una sorta di copertura in bianco». Chiunque sottoponga ad un’attenta analisi le affermazioni di questi educatori sessuali non può non rimanere «scioccato di quanto poco scientifica sia questa presunta scienza». Secondo il prof. Pastötter, si tratta di una «falsa scienza».

Presentare fatti veri in modo consono all’età è importante, ma «creare dei fuochi d’artificio unicamente per trasmettere
un’ideologia, nel migliore dei casi è assurdo, nel peggiore molto pericoloso per l’individuo e la società nel suo insieme»,
prosegue il prof. Pastötter. Non è senza motivo se la sessualità da sempre è stata oggetto di regole, altrimenti «diventerebbe una strategia predatoria votata al solo soddisfacimento delle pulsioni dell’individuo».

«Gli ‹educatori sessuali› hanno via libera e pongono domande intime con un linguaggio pornografico e locuzioni scurrili da slang giovanile offensive e imbarazzanti per i bambini»

Perché noi genitori permettiamo tutto questo?
Di nuovo si pone la domanda: «Perché noi come società permettiamo a persone dalle motivazioni discutibili e prive di conoscenze basilari sulla natura della sessualità di entrare nelle aule delle scuole», e persino le paghiamo per sentire le loro aberrazioni? Sono «lezioni» che riempiono l’orario scolastico, ma, ahimè, lo fanno «mancando del tutto di legittimità scientifica». Una circostanza che rende questa forma di «insegnamento» irrispettosa nei confronti del genere umano, conclude il prof. Pastötter.

Inverno 2024: l’esperienza di un padre e di sua figlia tredicenne con l’invadente e ideologico work-shop di «Achtung Liebe»:

Weltwoche N. 06.24, pagina 24
www.schutzinitiative.ch/verein-achtung-liebe/

1 CSE: Comprehensive Sexuality Education
2 IPPF: International Planned Parenthood Federation

L’opuscolo «Hey You», distribuito a decine di migliaia di persone in Svizzera, si rivolge specificamente a un pubblico di minori dai 12 anni in su. I ragazzi vi trovano consigli per la masturbazione, istruzioni sull’uso di giocattoli sessuali e illustrazioni che spiegano come usare una cintura fallica. In sostanza, sprona i minori a compiere atti sessuali. L’Associazione Iniziativa di protezione sta raccogliendo le testimonianze di famiglie i cui figli sono entrati in contatto con il controverso «opuscolo porno» (la definizione è della NZZ).

Le azioni promosse dall’associazione
La denuncia sporta il 10 novembre 2022 spiega come l’opuscolo «Hey you» si spinga chiaramente oltre il corretto livello di educazione sessuale e inciti i bambini a compiere atti sessuali.

La denuncia non è stata accolta dal pubblico ministero di Berna-Mitteland, un rifiuto successivamente confermato dal Tribunale d’appello del Cantone di Berna e motivato in primis dal fatto che l’Associazione Iniziativa di protezione, in quanto querelante, non possiede lo status di parte in causa e non sarebbe quindi legittimata a sporgere denuncia.

genitori possono dare sostegno
L’Associazione Iniziativa di protezione è ora fortemente interessata alle testimonianze delle famiglie i cui figli sono entrati in contatto con il suddetto opuscolo. Dopo l’esame di una casistica quanto più ampia possibile, l’associazione rifletterà sui possibili ulteriori passi. Ai genitori disposti a riferire le loro esperienze assicuriamo il massimo riserbo e il trattamento strettamente confidenziale delle informazioni che trasmettono, nel pieno rispetto della legislazione sul segreto d’ufficio e la protezione dei dati. I genitori riceveranno, inoltre, da parte dei consulenti dell’Associazione Iniziativa di protezione, una breve valutazione del loro caso e, se necessario e lo desiderano, la consulenza di specialisti formati in psicologia.

L’opuscolo porno «Hey You» è dannoso per i bambini e lede la fiducia nella scuola pubblica. L’Associazione Iniziativa di protezione ne chiede il ritiro e la distruzione.

Appello ai padri e alle madri
Annunciatevi all’Associazione Iniziativa di protezione se il vostro bambino è entrato in contatto con l’opuscolo. Vostro figlio o figlia dovrebbe avere un’età compresa tra 11 e 14 anni.

Associazione Iniziativa di protezione
Casella postale
4142 Münchenstein
E-Mail: info@iniziativa-di-protezione.ch

Andreas Gafner
Consigliere nazionale / BE

All’inizio di questa sessione primaverile, come d’abitudine mi sono recato a piedi dalla stazione di Berna a Palazzo federale, dove si riuniscono i consiglieri della Confederazione. Ad una fermata del bus mi si è presentata una scena ormai familiare: dei ragazzini seduti sulla panchina in attesa dell’autobus con la testa china e gli occhi fissi sui loro smartphone.

Ai nostri tempi, da bambini e adolescenti parlavamo di tutto, dei maestri troppo severi, delle ultime tendenze della moda o della nostra fiamma a scuola. I temi tipici di quell’età, insomma. Oggi, però, i giovani non si parlano più faccia a faccia e fissano in continuazione un piccolo schermo rettangolare. E chissà, magari continuano a chattare via smartphone persino quando sono seduti uno accanto all’altro…

Trascorrono sempre più tempo sui social media e a farne le spese sono le interazioni sociali nella vita reale. È una minaccia per i nostri figli la digitalizzazione precoce? La domanda, che mi sono già posto svariate volte, nel frattempo è stata confermata anche dagli esperti, come il ricercatore sul cervello tedesco Manfred Spitzer, secondo il quale lo smartphone «fa ammalare, crea dipendenza e rende stupidi» i nostri figli.

Ma quali sono concretamente i pericoli? Un tema centrale è quello del cyberbullismo, ovvero il fatto di molestare, insultare, diffamare e intimidire i coetanei sui social media e nelle app di messaggistica come WhatsApp, Telegram e altre. I bambini e gli adolescenti possono facilmente cadere vittima del cyberbullismo, con gravi conseguenze per la loro salute mentale.

Molti bambini e adolescenti sanno poco o nulla sulla protezione dei dati. Condividono incautamente online informazioni e immagini personali che possono facilmente cadere nelle mani sbagliate.

Un grave pericolo è dato anche dalla costante disponibilità degli smartphone, una disponibilità che facilita lo sviluppo di una dipendenza da contenuti digitali: la conseguenza sono disturbi del sonno, una ridotta capacità di concentrazione a scuola e l’isolamento sociale.

Lo studio «Adele+» condotto nel 2020 dall’Osservatorio svizzero della salute è giunto alle seguenti conclusioni: più ore i bambini in età prescolare trascorrono ogni giorno davanti a uno schermo, maggiore è la frequenza con la quale manifestano disturbi del sonno. Gli autori dello studio osservano che la qualità e le ore di sonno sono fondamentali per lo sviluppo di un bambino. Vi sarebbe inoltre una relazione diretta fra le ore trascorse davanti a uno schermo e disturbi quali sovrappeso e obesità, prosegue lo studio.

Ma non è solo la salute fisica ad essere a rischio: la pressione di apparire perfetti sui social media o di corrispondere a determinati canoni può portare a un’immagine negativa di sé stessi e all’aumento del rischio di sviluppare disturbi mentali quali depressione e ansia nei bambini e negli adolescenti.

Tranne che per alcune poche mozioni, il tema della digitalizzazione precoce non sembra essere ancora arrivato nella Berna federale. Fa ben sperare un rapporto1 del Consiglio federale dello scorso ottobre, stando al quale l’Ufficio federale della sanità pubblica affronterà il tema delle conseguenze della digitalizzazione precoce nel quadro della revisione del piano di misure 2025-2028 per il rafforzamento della Strategia nazionale Dipendenze. Siamo curiosi, perché secondo gli esperti, l’informazione e l’istruzione dei genitori su questi pericoli sono centrali e prioritari.

Andreas Gafner, Consigliere nazionale / BE

1 Rapporto: «Rafforzare la Strategia nazionale Dipendenze includendo la ciberdipendenza»

A Davos, esperti di fama internazionale in medicina, psicologia e giurisprudenza hanno lanciato un grido d’allarme in occasione di un evento organizzato parallelamente al Forum economico mondiale (WEF) a gennaio 2024. La campagna Human Change1 che hanno lanciato nella località grigionese vuole attirare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sui pericoli che rappresentano per la salute fisica e mentale di bambini e adolescenti lo smartphone e i social media. Associazione Iniziativa di protezione era presente a Davos e ha parlato con gli esperti.

Vi sono studi che mostrano che con l’avvento dei social network (Facebook, Instagram, TikTok, Snapchat e WhatsApp) e degli smartphone, a partire dal 2012 è aumentata in modo significativo la proporzione di giovani donne alle prese con disturbi d’ansia, depressione, bassa autostima e tendenze autolesioniste che possono arrivare al suicidio.

Nel 2021, Frances Haugen, la whistle blower2 ex product manager di Facebook, era apparsa in pubblico rivelando che Facebook era pienamente consapevole della nocività dei suoi servizi e affermava: «Facebook antepone il profitto alla sicurezza».

Stati Uniti: genitori in lutto per i loro figli
A fine gennaio 2024, Mark Zuckerberg, CEO di Meta (e quindi anche di Facebook, Instagram e WhatsApp)3, ha dovuto sottoporsi a un’audizione della Commissione di Giustizia del Senato USA insieme ai CEO di TikTok, Snapchat e X (precedentemente Twitter). L’audizione è iniziata con dichiarazioni registrate di genitori che raccontavano degli abusi subiti dai loro figli sui social media. Nel corso dell’audizione, durata ore, i genitori che hanno perso i loro ragazzi per suicidio mostravano silenziosamente le immagini dei loro figlimorti. Una madre ha raccontato di come sua figlia fosse caduta in un «buco nero con contenuti pericolosi» su TikTok e Instagram dopo avere iniziato a guardare video su alimentazione sana e sport. Nel giro di poche settimane la figlia divenne anoressica, fino a trovarsi in punto di morte.

Ma bambini e adolescenti non consumano solo contenuti problematici per la salute del corpo, bensì anche contenuti pornografici e violenti, senza contare poi che un numero crescente di giovani è vittima di cyberbullismo4 e sextortion5.

A metà febbraio 2024, il sindaco di New York Eric Adams, in passato agente di polizia, ha sporto denuncia contro Facebook, Instagram, TikTok, Snapchat e YouTube. Secondo Adams, le piattaforme social citate incoraggiano comportamenti pericolosi, creano dipendenza e mettono a rischio la saluta psichica dei ragazzi esponendoli a un flusso ininterrotto di contenuti dannosi.

Necessario proclamare lo stato di emergenza
A Davos, la professoressa in giurisprudenza del New Jersey Gaia Bernstein6 ha accusato i responsabili delle piattaforme citate non solo di fare troppo poco contro la dipendenza online, ma di promuoverla addirittura. Servono assolutamente regolamentazioni statali per controllare più efficacemente i colossi dell’Internet. È come con l’industria del tabacco, che solo dopo decenni di lotta è stata costretta ad ammettere i suoi torti. L’OMS dovrebbe inoltre dichiarare lo stato di emergenza, come fece in occasione della pandemia di Covid-19.

Il dottor Mitch Prinstein, direttore scientifico dell’American Psychological Association7, ha citato studi recenti secondo i quali l’uso della tecnologia e l’accesso ai social media sono correlati a cambiamenti nello sviluppo strutturale del cervello. In altre parole, le dimensioni e le proprietà fisiche del cervello subiscono modifiche.

La primaria in psichiatra dell’ospedale pediatrico di Boston, Massachusetts, la dottoressa Stacy Drury, ha evidenziato in particolare le gravi conseguenze provocate dalla carenza di sonno dei ragazzi che si portano lo smartphone in camera da letto.

Il dottor Michael Rich, direttore del Digital Wellness Lab di Boston, descrive fino a che punto possa degenerare l’uso dello smartphone: vi sarebbero ragazzi che hanno fatto scorrere il dito sullo schermo dello smartphone per distanze superiori a quelle che coprono a piedi, e si parla di qualcosa come 2 km al giorno!

Rilascio di dopamina nel cervello
I ricercatori nel campo delle dipendenze da tempo mettono in guardia dall’ondata di dopamina rilasciata nel cervello con l’uso dello smartphone e dalle sue conseguenze. Secondo uno studio condotto dal dottor Mitch Prinstein, sarebbe pure incredibilmente alto il numero di volte che i ragazzi accedono allo smartphone. I ragazzi di 1a media, ad esempio, prendevano in mano il loro smartphone mediamente tra le 100 e le 400 volte al giorno, trascorrendo in media 8,2 ore sui dispositivi, ma con punte anche maggiori8!

Per lo psicologo clinico e specialista in dipendenze dottor James H. Winston, che gestisce uno studio medico a Miami Beach, in Florida, il potenziale di dipendenza è semplicemente troppo elevato. È necessario suonare l’allarme con i genitori, che di certo non darebbero della cocaina ai loro figli o installerebbero una slot machine nella loro camera da letto.

Il dottor Winston sconsiglia con decisione di dare uno smartphone a ragazzi al di sotto dei 14 anni di età. Suo figlio, presente al WEF a Davos, ha spiegato di essere tranquillamente sopravvissuto all’attesa e di essere ora grato a suo padre per la scelta fatta. Al posto dello smartphone aveva acquistato una macchina fotografica e iniziato a scattare fotografie, un’attività che si è trasformata nel suo hobby preferito.

Raccomandazioni dell’Associazione Iniziativa di protezione

Smartphone:

  • Non dare mai uno smartphone a un adolescente sotto i 14 anni.
  • Fino all’età di 16 anni, i genitori dovrebbero controllare proattivamente i contenuti ai quali possono accedere i loro figli adolescenti.
  • Al più tardi alle 20:00, lasciare lo smartphone fuori dalla camera da letto e meglio sotto la custodia dei genitori.
  • Durante i pasti, lo smartphone non deve stare a tavola.
  • I genitori danno l’esempio nell’utilizzo dello smartphone.
  • Dopo i pasti, i giochi di società, la musica o lo sport sostituiscono egregiamente i dispositivi elettronici.

Social media

Fino all’età di almeno 16 anni i ragazzi dovrebbero essere tenuti lontani da social network come Instagram, Snapchat, TikTok o WhatsApp.

1 humanchange.com; con filmati delle conferenze.
2 Whistleblower: una persona che rende pubblici i misfatti di un’azienda sul luogo di lavoro
3 Meta, precedentemente Facebook Inc., è una società statunitense con sede in California e proprietaria dei social network Facebook e Instagram e del servizio di messaggistica WhatsApp.
4 Cyberbullismo: il molestare e diffamare persone su Internet.
5 Sextortion: metodo di estorsione che fa ricorso a immagini o video di persone nude o mentre compiono atti sessuali.
6 Prof. Gaia Bernstein: esperta in diritto in materia di protezione dei dati e co-direttrice del Gibbons Institute of Law, Science and Technology, Seton Hall University, New Jersey, USA
7 American Psychological Association APA, apa.org
8 https://www.apaservices.org/advocacy/news/testimony-prinstein-protecting-children-online.pdf

Nelle scorse settimane, numerosi genitori indignati hanno riferito all’Associazione Iniziativa di protezione di lezioni di «educazione sessuale» invadenti impartite nelle scuole dei loro figli. Nel mirino delle critiche è finita l’associazione «Achtung Liebe» (Attenzione amore), i cui operatori, privi di formazione in campo pedagogico, spiegano ai bambini pratiche sessuali «creative», mettendoli in imbarazzo e offendendo il loro senso del pudore.

L’associazione «Achtung Liebe» si definisce senza scopo di lucro e gestisce delle strutture presso le università di Basilea, Berna e Zurigo. Possono collaborare con l’associazione «studenti motivati» di tutte le facoltà. «Iniziativa di protezione – attualità» ha chiesto al noto esperto prof. dott. Jakob Pastötter, presidente della Società tedesca per la ricerca sessuale nel campo delle scienze sociali, un parere sui concetti ai quali si rifà «Achtung Liebe». Le sue conclusioni sono senza appello.

Consapevolezza di oltrepassare i limiti
Il prof. Pastötter critica anzitutto il fatto che i bambini non sono sufficientemente attrezzati per affrontare con spirito critico contenuti di questo tipo e pertanto subiscono i workshop sul sesso senza potervi opporre resistenza. Gli insegnanti restano fuori dalla porta e i genitori non ricevono informazioni, o se le ricevono sono superficiali. I bambini vengono rassicurati, viene loro detto che si tratta di uno spazio protetto, dal quale non esce nulla. Una volta chiusa la porta dell’aula, gli «educatori sessuali» senza qualifiche hanno via libera e pongono domande intime con un linguaggio pornografico e locuzioni scurrili da slang giovanile offensive e imbarazzanti per i bambini. Un modus operandi altamente discutibile dal punto di vista pedagogico e psicologico, che costituisce una grave violazione della sfera intima dei bambini. In proposito, il prof. Pastötter osserva come una classe di scuola non sia mai omogenea e sia in realtà composta da allievi in differenti stadi di sviluppo. Una realtà, questa, del tutto ignorata, dal momento che viene postulata la «normalità» e la totale omogeneità di tutti gli allievi di una classe. 

Puramente ideologica e per nulla scientifica
«Achtung Liebe» propaga l’educazione sessuale «completa», o «olistica» (CSE)1 dell’OMS e i cosiddetti «diritti sessuali» dell’IPPF2, in realtà nocivi per i bambini. Centrale in questa ideologia onnicomprensiva della sessualità è l’appagamento sessuale sin dalla nascita. In altri termini, i bambini avrebbero il diritto di essere istruiti a compiere atti sessuali su sé stessi e su altri! Un diritto che andrebbe riconosciuto a tutti i bambini e gli adolescenti. «Achtung Liebe» propaga apertamente la «formazione in campo sessuale», la «focalizzazione sul piacere», un orientamento «femminista» e l’impegno in favore delle «persone LGBTQIA+*». Ideologia allo stato puro! Ma di amore vero, senso di responsabilità, considerazione per la famiglia, fedeltà, nessuna traccia.

«Achtung Liebe» dice di trasmettere «informazioni corrette dal punto di vista scientifico». Secondo il prof. Dr. Jakob Pastötter, l’associazione trasmette invece nozioni pseudoscientifiche, nebulose e fuorvianti, utili solo all’autoreferenzialità di questi ideologi sessuali. Concetti come «formazione sessuale» e «olismo» tradiscono «mania di fattibilità, megalomania, autoritarismo dittatoriale e manipolazione psicologica». Siccome non esistono studi pertinenti, simili forme di pedagogia sessuale non sono corroborate scientificamente. Non esistono, del resto, studi a lungo termine al riguardo.

Il prof. Pastötter si oppone categoricamente a che «ad adulti non qualificati venga concesso di trattare argomenti intimi e di condizionare a piacimento la sfera intima di bambini e adolescenti, approfittando oltretutto di una sorta di copertura in bianco». Chiunque sottoponga ad un’attenta analisi le affermazioni di questi educatori sessuali non può non rimanere «scioccato di quanto poco scientifica sia questa presunta scienza». Secondo il prof. Pastötter, si tratta di una «falsa scienza».

Presentare fatti veri in modo consono all’età è importante, ma «creare dei fuochi d’artificio unicamente per trasmettere un’ideologia, nel migliore dei casi è assurdo, nel peggiore molto pericoloso per l’individuo e la società nel suo insieme»,
prosegue il prof. Pastötter. Non è senza motivo se la sessualità da sempre è stata oggetto di regole, altrimenti «diventerebbe una strategia predatoria votata al solo soddisfacimento delle pulsioni dell’individuo».

«Gli ‹educatori sessuali› hanno via libera e pongono domande intime con un linguaggio pornografico e locuzioni scurrili da slang giovanile offensive e imbarazzanti per i bambini»

Perché noi genitori permettiamo tutto questo?
Di nuovo si pone la domanda: «Perché noi come società permettiamo a persone dalle motivazioni discutibili e prive di conoscenze basilari sulla natura della sessualità di entrare nelle aule delle scuole», e persino le paghiamo per sentire le loro aberrazioni? Sono «lezioni» che riempiono l’orario scolastico, ma, ahimè, lo fanno «mancando del tutto di legittimità scientifica». Una circostanza che rende questa forma di «insegnamento» irrispettosa nei confronti del genere umano, conclude il prof. Pastötter.

1 CSE: Comprehensive Sexuality Education
2 IPPF: International Planned Parenthood Federation 

Saranno presto criminalizzate alcune terapie?
Andrea Geissbühler
Ex-Consigliera nazionale Bäriswil (BE)

Nell’estate dello scorso anno, le mie colleghe e i miei colleghi in Parlamento a Berna hanno ricevuto una notizia grossa grossa dal cantone di Basilea città: «Divieto alle terapie di conversione in Svizzera» era il titolo di un’iniziativa cantonale accolta dal Gran Consiglio del Cantone di Basilea città.

Promotore dell’iniziativa è un ex parlamentare del Cantone che, stando a sue stesse dichiarazioni, dal 2005 si impegna a favore della «cultura queer nella regione di Basilea» tramite la piattaforma GayBasel. Insomma, detto in termini più chiari, l’iniziativa è stata promossa da un lobbista della comunità LGBTQ.

L’iniziativa cantonale di Basilea città chiede l’introduzione a livello nazionale del divieto delle cosiddette «terapie di conversione» e l’interdizione dell’esercizio della professione ai terapisti e alle guide spirituali che le dispensano. Secondo i promotori, le «terapie di conversione» sono «terapie psicologiche che mirano a ‹invertire la polarità› della disposizione omosessuale di una persona in una tendenza eterosessuale o a cambiare l’identità di genere delle persone interessate».

Il termine «terapia di conversione» è stato scelto deliberatamente per creare confusione e rendere impossibile una discussione oggettiva sull’argomento sulla base di fatti scientifici.

Se la «autodeterminazione sessuale» tanto propagata dalla lobby LGBTQ deve essere la misura di tutte le cose, ne va da sé che il divieto delle «terapie di conversione» deve essere chiaramente respinto, poiché sarebbe diametralmente opposto a diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione federale, come il diritto alla vita e alla libertà personale (art. 10), il diritto alla libertà di credo e di coscienza (art. 15) e il diritto alla libertà d’opinione e d’informazione (art. 16). La sua attuazione sarebbe inoltre arbitraria, poiché sarebbe problematico effettuare dei controlli. Terapisti e consulenti spirituali dovrebbero vivere nella costante ansia di vedersi imposto un divieto all’esercizio della professione a causa della vaga definizione di cosa significhi «terapia di conversione» e non potrebbero più dispensare terapie a pazienti o prestare loro assistenza spirituale. In concreto, una consulenza dispensata a un giovane incerto sul suo orientamento di genere potrebbe essere interpretata come «terapia di conversione» ed essere perseguita penalmente. Va da sé che è importante garantire che chiunque possa iniziare volontariamente una terapia, e anche interromperla in ogni momento.

Basilea città è lungi dall’essere l’unico cantone a chiedere il divieto delle «terapie di conversione» a livello nazionale. Anche nel canton Zurigo lo scorso novembre è stata accolta dal Gran consiglio una mozione per un tale divieto, nonostante l’opposizione di PLR, UDC e UDF. Sarebbe invece più opportuno che le persone insicure al riguardo della propria identità di genere possano continuare a ricevere consigli in modo aperto, senza che questi vengano interpretati già in partenza come tentativi di «riorientamento sessuale».

E qui diventano evidenti anche le contraddizioni di questa ideologia sostenuta dalla lobby LGBTQ, che ignora deliberatamente la scienza: perché in presenza di una costante crescita dei premi malattia l’assicurazione malattia dovrebbe rimborsare costose operazioni di conversione sessuale, oltretutto molto incisive sull’integrità fisica di una persona, e allo stesso tempo vietare la somministrazione di consulenze professionali a persone che chiedono lumi a terapisti e guide spirituali?

Nella scorsa sessione autunnale, il Consiglio degli Stati ha lanciato un importante segnale respingendo l’incostituzionale divieto delle cosiddette «terapie di conversione». Spetta ora alle mie colleghe e ai miei colleghi del Consiglio nazionale seguire l’esempio del Consiglio degli Stati e respingere a chiare lettere questa iniziativa cantonale.

Andrea Geissbühler, Ex-Consigliera nazionale,
presidente dell’Associazione iniziativa di protezione, Bäriswil (BE)

I fanciulli vengono esposti all’ideologia transgender già in tenera età e viene loro inculcato che potrebbero anche appartenere al sesso opposto. Al più tardi se un minore vuole risolvere i suoi problemi puberali cambiando sesso, sorge la domanda sulle conseguenze di un intervento chirurgico chiamato eufemisticamente di «allineamento del genere».

«Se consideriamo il grande numero di operazioni chirurgiche necessarie (vedi riquadro), diventa chiaro perché non vi siano finora studi sugli effetti collaterali indesiderati nei giovani», afferma il Prof. Jakob Pastötter1 contattato sulla questione da «Iniziativa di protezione – Attualità». Molti aspetti, ad esempio quelli riguardanti la tecnica chirurgica o la realtà postoperatoria (le conseguenze fisiche e psicologiche dirette) non sono state chiarite a sufficienza.

Alle conseguenze già note si sommano vari altri problemi. Il recupero post-operatorio può rivelarsi lungo ed estenuante. Le conseguenze della chirurgia di «allineamento del genere» non sono sempre innocue e possono comportare emorragie e infezioni recidivanti. Tra gli effetti indesiderati specifici vi sono problemi alla vescica e alterazioni della funzione sessuale.

Il Prof. Jakob Pastötter sottolinea inoltre che «l’establishment medico non è interessato a questioni che potrebbero mettere in discussione il loro modello di affari». E poi: a essere divulgati e messi in evidenza sono soprattutto i risultati nei quali gli interventi di cambio del sesso appaiono in una luce positiva.

Secondo Pastötter, sarebbe molto preoccupante se le autorità sanitarie statali attuassero le nuove linee guida della World Professional Association for Transgender Health (WPATH), che propongono di eliminare il limite di età per i giovani desiderosi di sottoporsi a un intervento di cambio del sesso. L’attuale proposta fissa il limite a età di 17 anni.

Interventi chirurgici di femminilizzazione

  • Aumento del seno con inserimento di protesi
  •  Femminilizzazione facciale: modifica dei tratti del viso
  •  Chirurgia vocale: accorciamento delle corde vocali per ottenere una voce più alta e femminile
  •  Rasatura tracheale per la riduzione del pomo d’Adamo
  •  Rimozione dei testicoli
  •  Rimozione/rimodellamento del pene per ottenere una sorta di vulva con inserimento di un canale vaginale e accorciamento dell’uretra
  • > complicazioni postoperatorie
  • > somministrazione di ormoni prima e dopo ogni intervento con effetti collaterali fisici e mentali potenzialmente gravi.

Interventi chirurgici di mascolinizzazione

  • Eliminazione del seno (mastectomia)
  • Rimozione dell’utero e delle ovaie
  • Rimozione della vagina e modellizzazione di un pene (falloplastica con tessuti prelevati ad esempio dal braccio o dalla coscia) e allungamento dell’uretra
  • > Complicazioni post-operatorie
  • > Somministrazione di ormoni prima e dopo ogni intervento chirurgico con effetti collaterali fisici e mentali potenzialmente gravi.

Onere finanziario dell’operazione

  • Tra 25’000 e 100’000 franchi
  • Escluso il costo per l’assunzione a vita di medicamenti per il trattamento ormonale

Secondo l’Ufficio federale di statistica, il numero di operazioni di cambio del sesso compiute annualmente
in Svizzera è raddoppiato negli ultimi tre anni e si attesta a 525 casi nel 2022.

1 Il Prof. (US) Dr. Jakob Pastötter, sessuologo e antropologo culturale, presiede la Società tedesca per la ricerca sessuale nel campo delle scienze sociali (DGSS) a Düsseldorf, in Germania