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Andreas Gafner
Consigliere nazionale / BE
All’inizio di questa sessione primaverile, come d’abitudine mi sono recato a piedi dalla stazione di Berna a Palazzo federale, dove si riuniscono i consiglieri della Confederazione. Ad una fermata del bus mi si è presentata una scena ormai familiare: dei ragazzini seduti sulla panchina in attesa dell’autobus con la testa china e gli occhi fissi sui loro smartphone.
Ai nostri tempi, da bambini e adolescenti parlavamo di tutto, dei maestri troppo severi, delle ultime tendenze della moda o della nostra fiamma a scuola. I temi tipici di quell’età, insomma. Oggi, però, i giovani non si parlano più faccia a faccia e fissano in continuazione un piccolo schermo rettangolare. E chissà, magari continuano a chattare via smartphone persino quando sono seduti uno accanto all’altro…
Trascorrono sempre più tempo sui social media e a farne le spese sono le interazioni sociali nella vita reale. È una minaccia per i nostri figli la digitalizzazione precoce? La domanda, che mi sono già posto svariate volte, nel frattempo è stata confermata anche dagli esperti, come il ricercatore sul cervello tedesco Manfred Spitzer, secondo il quale lo smartphone «fa ammalare, crea dipendenza e rende stupidi» i nostri figli.
Ma quali sono concretamente i pericoli? Un tema centrale è quello del cyberbullismo, ovvero il fatto di molestare, insultare, diffamare e intimidire i coetanei sui social media e nelle app di messaggistica come WhatsApp, Telegram e altre. I bambini e gli adolescenti possono facilmente cadere vittima del cyberbullismo, con gravi conseguenze per la loro salute mentale.
Molti bambini e adolescenti sanno poco o nulla sulla protezione dei dati. Condividono incautamente online informazioni e immagini personali che possono facilmente cadere nelle mani sbagliate.
Un grave pericolo è dato anche dalla costante disponibilità degli smartphone, una disponibilità che facilita lo sviluppo di una dipendenza da contenuti digitali: la conseguenza sono disturbi del sonno, una ridotta capacità di concentrazione a scuola e l’isolamento sociale.
Lo studio «Adele+» condotto nel 2020 dall’Osservatorio svizzero della salute è giunto alle seguenti conclusioni: più ore i bambini in età prescolare trascorrono ogni giorno davanti a uno schermo, maggiore è la frequenza con la quale manifestano disturbi del sonno. Gli autori dello studio osservano che la qualità e le ore di sonno sono fondamentali per lo sviluppo di un bambino. Vi sarebbe inoltre una relazione diretta fra le ore trascorse davanti a uno schermo e disturbi quali sovrappeso e obesità, prosegue lo studio.
Ma non è solo la salute fisica ad essere a rischio: la pressione di apparire perfetti sui social media o di corrispondere a determinati canoni può portare a un’immagine negativa di sé stessi e all’aumento del rischio di sviluppare disturbi mentali quali depressione e ansia nei bambini e negli adolescenti.
Tranne che per alcune poche mozioni, il tema della digitalizzazione precoce non sembra essere ancora arrivato nella Berna federale. Fa ben sperare un rapporto1 del Consiglio federale dello scorso ottobre, stando al quale l’Ufficio federale della sanità pubblica affronterà il tema delle conseguenze della digitalizzazione precoce nel quadro della revisione del piano di misure 2025-2028 per il rafforzamento della Strategia nazionale Dipendenze. Siamo curiosi, perché secondo gli esperti, l’informazione e l’istruzione dei genitori su questi pericoli sono centrali e prioritari.

Andreas Gafner, Consigliere nazionale / BE
1 Rapporto: «Rafforzare la Strategia nazionale Dipendenze includendo la ciberdipendenza»

A Davos, esperti di fama internazionale in medicina, psicologia e giurisprudenza hanno lanciato un grido d’allarme in occasione di un evento organizzato parallelamente al Forum economico mondiale (WEF) a gennaio 2024. La campagna Human Change1 che hanno lanciato nella località grigionese vuole attirare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sui pericoli che rappresentano per la salute fisica e mentale di bambini e adolescenti lo smartphone e i social media. Associazione Iniziativa di protezione era presente a Davos e ha parlato con gli esperti.
Vi sono studi che mostrano che con l’avvento dei social network (Facebook, Instagram, TikTok, Snapchat e WhatsApp) e degli smartphone, a partire dal 2012 è aumentata in modo significativo la proporzione di giovani donne alle prese con disturbi d’ansia, depressione, bassa autostima e tendenze autolesioniste che possono arrivare al suicidio.
Nel 2021, Frances Haugen, la whistle blower2 ex product manager di Facebook, era apparsa in pubblico rivelando che Facebook era pienamente consapevole della nocività dei suoi servizi e affermava: «Facebook antepone il profitto alla sicurezza».
Stati Uniti: genitori in lutto per i loro figli
A fine gennaio 2024, Mark Zuckerberg, CEO di Meta (e quindi anche di Facebook, Instagram e WhatsApp)3, ha dovuto sottoporsi a un’audizione della Commissione di Giustizia del Senato USA insieme ai CEO di TikTok, Snapchat e X (precedentemente Twitter). L’audizione è iniziata con dichiarazioni registrate di genitori che raccontavano degli abusi subiti dai loro figli sui social media. Nel corso dell’audizione, durata ore, i genitori che hanno perso i loro ragazzi per suicidio mostravano silenziosamente le immagini dei loro figlimorti. Una madre ha raccontato di come sua figlia fosse caduta in un «buco nero con contenuti pericolosi» su TikTok e Instagram dopo avere iniziato a guardare video su alimentazione sana e sport. Nel giro di poche settimane la figlia divenne anoressica, fino a trovarsi in punto di morte.
Ma bambini e adolescenti non consumano solo contenuti problematici per la salute del corpo, bensì anche contenuti pornografici e violenti, senza contare poi che un numero crescente di giovani è vittima di cyberbullismo4 e sextortion5.
A metà febbraio 2024, il sindaco di New York Eric Adams, in passato agente di polizia, ha sporto denuncia contro Facebook, Instagram, TikTok, Snapchat e YouTube. Secondo Adams, le piattaforme social citate incoraggiano comportamenti pericolosi, creano dipendenza e mettono a rischio la saluta psichica dei ragazzi esponendoli a un flusso ininterrotto di contenuti dannosi.
Necessario proclamare lo stato di emergenza
A Davos, la professoressa in giurisprudenza del New Jersey Gaia Bernstein6 ha accusato i responsabili delle piattaforme citate non solo di fare troppo poco contro la dipendenza online, ma di promuoverla addirittura. Servono assolutamente regolamentazioni statali per controllare più efficacemente i colossi dell’Internet. È come con l’industria del tabacco, che solo dopo decenni di lotta è stata costretta ad ammettere i suoi torti. L’OMS dovrebbe inoltre dichiarare lo stato di emergenza, come fece in occasione della pandemia di Covid-19.
Il dottor Mitch Prinstein, direttore scientifico dell’American Psychological Association7, ha citato studi recenti secondo i quali l’uso della tecnologia e l’accesso ai social media sono correlati a cambiamenti nello sviluppo strutturale del cervello. In altre parole, le dimensioni e le proprietà fisiche del cervello subiscono modifiche.
La primaria in psichiatra dell’ospedale pediatrico di Boston, Massachusetts, la dottoressa Stacy Drury, ha evidenziato in particolare le gravi conseguenze provocate dalla carenza di sonno dei ragazzi che si portano lo smartphone in camera da letto.
Il dottor Michael Rich, direttore del Digital Wellness Lab di Boston, descrive fino a che punto possa degenerare l’uso dello smartphone: vi sarebbero ragazzi che hanno fatto scorrere il dito sullo schermo dello smartphone per distanze superiori a quelle che coprono a piedi, e si parla di qualcosa come 2 km al giorno!
Rilascio di dopamina nel cervello
I ricercatori nel campo delle dipendenze da tempo mettono in guardia dall’ondata di dopamina rilasciata nel cervello con l’uso dello smartphone e dalle sue conseguenze. Secondo uno studio condotto dal dottor Mitch Prinstein, sarebbe pure incredibilmente alto il numero di volte che i ragazzi accedono allo smartphone. I ragazzi di 1a media, ad esempio, prendevano in mano il loro smartphone mediamente tra le 100 e le 400 volte al giorno, trascorrendo in media 8,2 ore sui dispositivi, ma con punte anche maggiori8!
Per lo psicologo clinico e specialista in dipendenze dottor James H. Winston, che gestisce uno studio medico a Miami Beach, in Florida, il potenziale di dipendenza è semplicemente troppo elevato. È necessario suonare l’allarme con i genitori, che di certo non darebbero della cocaina ai loro figli o installerebbero una slot machine nella loro camera da letto.
Il dottor Winston sconsiglia con decisione di dare uno smartphone a ragazzi al di sotto dei 14 anni di età. Suo figlio, presente al WEF a Davos, ha spiegato di essere tranquillamente sopravvissuto all’attesa e di essere ora grato a suo padre per la scelta fatta. Al posto dello smartphone aveva acquistato una macchina fotografica e iniziato a scattare fotografie, un’attività che si è trasformata nel suo hobby preferito.
Raccomandazioni dell’Associazione Iniziativa di protezione
Smartphone:
- Non dare mai uno smartphone a un adolescente sotto i 14 anni.
- Fino all’età di 16 anni, i genitori dovrebbero controllare proattivamente i contenuti ai quali possono accedere i loro figli adolescenti.
- Al più tardi alle 20:00, lasciare lo smartphone fuori dalla camera da letto e meglio sotto la custodia dei genitori.
- Durante i pasti, lo smartphone non deve stare a tavola.
- I genitori danno l’esempio nell’utilizzo dello smartphone.
- Dopo i pasti, i giochi di società, la musica o lo sport sostituiscono egregiamente i dispositivi elettronici.
Social media
Fino all’età di almeno 16 anni i ragazzi dovrebbero essere tenuti lontani da social network come Instagram, Snapchat, TikTok o WhatsApp.
1 humanchange.com; con filmati delle conferenze.
2 Whistleblower: una persona che rende pubblici i misfatti di un’azienda sul luogo di lavoro
3 Meta, precedentemente Facebook Inc., è una società statunitense con sede in California e proprietaria dei social network Facebook e Instagram e del servizio di messaggistica WhatsApp.
4 Cyberbullismo: il molestare e diffamare persone su Internet.
5 Sextortion: metodo di estorsione che fa ricorso a immagini o video di persone nude o mentre compiono atti sessuali.
6 Prof. Gaia Bernstein: esperta in diritto in materia di protezione dei dati e co-direttrice del Gibbons Institute of Law, Science and Technology, Seton Hall University, New Jersey, USA
7 American Psychological Association APA, apa.org
8 https://www.apaservices.org/advocacy/news/testimony-prinstein-protecting-children-online.pdf

Nelle scorse settimane, numerosi genitori indignati hanno riferito all’Associazione Iniziativa di protezione di lezioni di «educazione sessuale» invadenti impartite nelle scuole dei loro figli. Nel mirino delle critiche è finita l’associazione «Achtung Liebe» (Attenzione amore), i cui operatori, privi di formazione in campo pedagogico, spiegano ai bambini pratiche sessuali «creative», mettendoli in imbarazzo e offendendo il loro senso del pudore.
L’associazione «Achtung Liebe» si definisce senza scopo di lucro e gestisce delle strutture presso le università di Basilea, Berna e Zurigo. Possono collaborare con l’associazione «studenti motivati» di tutte le facoltà. «Iniziativa di protezione – attualità» ha chiesto al noto esperto prof. dott. Jakob Pastötter, presidente della Società tedesca per la ricerca sessuale nel campo delle scienze sociali, un parere sui concetti ai quali si rifà «Achtung Liebe». Le sue conclusioni sono senza appello.
Consapevolezza di oltrepassare i limiti
Il prof. Pastötter critica anzitutto il fatto che i bambini non sono sufficientemente attrezzati per affrontare con spirito critico contenuti di questo tipo e pertanto subiscono i workshop sul sesso senza potervi opporre resistenza. Gli insegnanti restano fuori dalla porta e i genitori non ricevono informazioni, o se le ricevono sono superficiali. I bambini vengono rassicurati, viene loro detto che si tratta di uno spazio protetto, dal quale non esce nulla. Una volta chiusa la porta dell’aula, gli «educatori sessuali» senza qualifiche hanno via libera e pongono domande intime con un linguaggio pornografico e locuzioni scurrili da slang giovanile offensive e imbarazzanti per i bambini. Un modus operandi altamente discutibile dal punto di vista pedagogico e psicologico, che costituisce una grave violazione della sfera intima dei bambini. In proposito, il prof. Pastötter osserva come una classe di scuola non sia mai omogenea e sia in realtà composta da allievi in differenti stadi di sviluppo. Una realtà, questa, del tutto ignorata, dal momento che viene postulata la «normalità» e la totale omogeneità di tutti gli allievi di una classe.
Puramente ideologica e per nulla scientifica
«Achtung Liebe» propaga l’educazione sessuale «completa», o «olistica» (CSE)1 dell’OMS e i cosiddetti «diritti sessuali» dell’IPPF2, in realtà nocivi per i bambini. Centrale in questa ideologia onnicomprensiva della sessualità è l’appagamento sessuale sin dalla nascita. In altri termini, i bambini avrebbero il diritto di essere istruiti a compiere atti sessuali su sé stessi e su altri! Un diritto che andrebbe riconosciuto a tutti i bambini e gli adolescenti. «Achtung Liebe» propaga apertamente la «formazione in campo sessuale», la «focalizzazione sul piacere», un orientamento «femminista» e l’impegno in favore delle «persone LGBTQIA+*». Ideologia allo stato puro! Ma di amore vero, senso di responsabilità, considerazione per la famiglia, fedeltà, nessuna traccia.
«Achtung Liebe» dice di trasmettere «informazioni corrette dal punto di vista scientifico». Secondo il prof. Dr. Jakob Pastötter, l’associazione trasmette invece nozioni pseudoscientifiche, nebulose e fuorvianti, utili solo all’autoreferenzialità di questi ideologi sessuali. Concetti come «formazione sessuale» e «olismo» tradiscono «mania di fattibilità, megalomania, autoritarismo dittatoriale e manipolazione psicologica». Siccome non esistono studi pertinenti, simili forme di pedagogia sessuale non sono corroborate scientificamente. Non esistono, del resto, studi a lungo termine al riguardo.
Il prof. Pastötter si oppone categoricamente a che «ad adulti non qualificati venga concesso di trattare argomenti intimi e di condizionare a piacimento la sfera intima di bambini e adolescenti, approfittando oltretutto di una sorta di copertura in bianco». Chiunque sottoponga ad un’attenta analisi le affermazioni di questi educatori sessuali non può non rimanere «scioccato di quanto poco scientifica sia questa presunta scienza». Secondo il prof. Pastötter, si tratta di una «falsa scienza».
Presentare fatti veri in modo consono all’età è importante, ma «creare dei fuochi d’artificio unicamente per trasmettere un’ideologia, nel migliore dei casi è assurdo, nel peggiore molto pericoloso per l’individuo e la società nel suo insieme»,
prosegue il prof. Pastötter. Non è senza motivo se la sessualità da sempre è stata oggetto di regole, altrimenti «diventerebbe una strategia predatoria votata al solo soddisfacimento delle pulsioni dell’individuo».

«Gli ‹educatori sessuali› hanno via libera e pongono domande intime con un linguaggio pornografico e locuzioni scurrili da slang giovanile offensive e imbarazzanti per i bambini»
Perché noi genitori permettiamo tutto questo?
Di nuovo si pone la domanda: «Perché noi come società permettiamo a persone dalle motivazioni discutibili e prive di conoscenze basilari sulla natura della sessualità di entrare nelle aule delle scuole», e persino le paghiamo per sentire le loro aberrazioni? Sono «lezioni» che riempiono l’orario scolastico, ma, ahimè, lo fanno «mancando del tutto di legittimità scientifica». Una circostanza che rende questa forma di «insegnamento» irrispettosa nei confronti del genere umano, conclude il prof. Pastötter.
1 CSE: Comprehensive Sexuality Education
2 IPPF: International Planned Parenthood Federation

Saranno presto criminalizzate alcune terapie?

Andrea Geissbühler
Ex-Consigliera nazionale
Bäriswil (BE)
Nell’estate dello scorso anno, le mie colleghe e i miei colleghi in Parlamento a Berna hanno ricevuto una notizia grossa grossa dal cantone di Basilea città: «Divieto alle terapie di conversione in Svizzera» era il titolo di un’iniziativa cantonale accolta dal Gran Consiglio del Cantone di Basilea città.
Promotore dell’iniziativa è un ex parlamentare del Cantone che, stando a sue stesse dichiarazioni, dal 2005 si impegna a favore della «cultura queer nella regione di Basilea» tramite la piattaforma GayBasel. Insomma, detto in termini più chiari, l’iniziativa è stata promossa da un lobbista della comunità LGBTQ.
L’iniziativa cantonale di Basilea città chiede l’introduzione a livello nazionale del divieto delle cosiddette «terapie di conversione» e l’interdizione dell’esercizio della professione ai terapisti e alle guide spirituali che le dispensano. Secondo i promotori, le «terapie di conversione» sono «terapie psicologiche che mirano a ‹invertire la polarità› della disposizione omosessuale di una persona in una tendenza eterosessuale o a cambiare l’identità di genere delle persone interessate».
Il termine «terapia di conversione» è stato scelto deliberatamente per creare confusione e rendere impossibile una discussione oggettiva sull’argomento sulla base di fatti scientifici.
Se la «autodeterminazione sessuale» tanto propagata dalla lobby LGBTQ deve essere la misura di tutte le cose, ne va da sé che il divieto delle «terapie di conversione» deve essere chiaramente respinto, poiché sarebbe diametralmente opposto a diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione federale, come il diritto alla vita e alla libertà personale (art. 10), il diritto alla libertà di credo e di coscienza (art. 15) e il diritto alla libertà d’opinione e d’informazione (art. 16). La sua attuazione sarebbe inoltre arbitraria, poiché sarebbe problematico effettuare dei controlli. Terapisti e consulenti spirituali dovrebbero vivere nella costante ansia di vedersi imposto un divieto all’esercizio della professione a causa della vaga definizione di cosa significhi «terapia di conversione» e non potrebbero più dispensare terapie a pazienti o prestare loro assistenza spirituale. In concreto, una consulenza dispensata a un giovane incerto sul suo orientamento di genere potrebbe essere interpretata come «terapia di conversione» ed essere perseguita penalmente. Va da sé che è importante garantire che chiunque possa iniziare volontariamente una terapia, e anche interromperla in ogni momento.
Basilea città è lungi dall’essere l’unico cantone a chiedere il divieto delle «terapie di conversione» a livello nazionale. Anche nel canton Zurigo lo scorso novembre è stata accolta dal Gran consiglio una mozione per un tale divieto, nonostante l’opposizione di PLR, UDC e UDF. Sarebbe invece più opportuno che le persone insicure al riguardo della propria identità di genere possano continuare a ricevere consigli in modo aperto, senza che questi vengano interpretati già in partenza come tentativi di «riorientamento sessuale».
E qui diventano evidenti anche le contraddizioni di questa ideologia sostenuta dalla lobby LGBTQ, che ignora deliberatamente la scienza: perché in presenza di una costante crescita dei premi malattia l’assicurazione malattia dovrebbe rimborsare costose operazioni di conversione sessuale, oltretutto molto incisive sull’integrità fisica di una persona, e allo stesso tempo vietare la somministrazione di consulenze professionali a persone che chiedono lumi a terapisti e guide spirituali?
Nella scorsa sessione autunnale, il Consiglio degli Stati ha lanciato un importante segnale respingendo l’incostituzionale divieto delle cosiddette «terapie di conversione». Spetta ora alle mie colleghe e ai miei colleghi del Consiglio nazionale seguire l’esempio del Consiglio degli Stati e respingere a chiare lettere questa iniziativa cantonale.

Andrea Geissbühler, Ex-Consigliera nazionale,
presidente dell’Associazione iniziativa di protezione,
Bäriswil (BE)

I fanciulli vengono esposti all’ideologia transgender già in tenera età e viene loro inculcato che potrebbero anche appartenere al sesso opposto. Al più tardi se un minore vuole risolvere i suoi problemi puberali cambiando sesso, sorge la domanda sulle conseguenze di un intervento chirurgico chiamato eufemisticamente di «allineamento del genere».
«Se consideriamo il grande numero di operazioni chirurgiche necessarie (vedi riquadro), diventa chiaro perché non vi siano finora studi sugli effetti collaterali indesiderati nei giovani», afferma il Prof. Jakob Pastötter1 contattato sulla questione da «Iniziativa di protezione – Attualità». Molti aspetti, ad esempio quelli riguardanti la tecnica chirurgica o la realtà postoperatoria (le conseguenze fisiche e psicologiche dirette) non sono state chiarite a sufficienza.
Alle conseguenze già note si sommano vari altri problemi. Il recupero post-operatorio può rivelarsi lungo ed estenuante. Le conseguenze della chirurgia di «allineamento del genere» non sono sempre innocue e possono comportare emorragie e infezioni recidivanti. Tra gli effetti indesiderati specifici vi sono problemi alla vescica e alterazioni della funzione sessuale.
Il Prof. Jakob Pastötter sottolinea inoltre che «l’establishment medico non è interessato a questioni che potrebbero mettere in discussione il loro modello di affari». E poi: a essere divulgati e messi in evidenza sono soprattutto i risultati nei quali gli interventi di cambio del sesso appaiono in una luce positiva.
Secondo Pastötter, sarebbe molto preoccupante se le autorità sanitarie statali attuassero le nuove linee guida della World Professional Association for Transgender Health (WPATH), che propongono di eliminare il limite di età per i giovani desiderosi di sottoporsi a un intervento di cambio del sesso. L’attuale proposta fissa il limite a età di 17 anni.
Interventi chirurgici di femminilizzazione
- Aumento del seno con inserimento di protesi
- Femminilizzazione facciale: modifica dei tratti del viso
- Chirurgia vocale: accorciamento delle corde vocali per ottenere una voce più alta e femminile
- Rasatura tracheale per la riduzione del pomo d’Adamo
- Rimozione dei testicoli
- Rimozione/rimodellamento del pene per ottenere una sorta di vulva con inserimento di un canale vaginale e accorciamento dell’uretra
- > complicazioni postoperatorie
- > somministrazione di ormoni prima e dopo ogni intervento con effetti collaterali fisici e mentali potenzialmente gravi.
Interventi chirurgici di mascolinizzazione
- Eliminazione del seno (mastectomia)
- Rimozione dell’utero e delle ovaie
- Rimozione della vagina e modellizzazione di un pene (falloplastica con tessuti prelevati ad esempio dal braccio o dalla coscia) e allungamento dell’uretra
- > Complicazioni post-operatorie
- > Somministrazione di ormoni prima e dopo ogni intervento chirurgico con effetti collaterali fisici e mentali potenzialmente gravi.
Onere finanziario dell’operazione
- Tra 25’000 e 100’000 franchi
- Escluso il costo per l’assunzione a vita di medicamenti per il trattamento ormonale
Secondo l’Ufficio federale di statistica, il numero di operazioni di cambio del sesso compiute annualmente
in Svizzera è raddoppiato negli ultimi tre anni e si attesta a 525 casi nel 2022.
1 Il Prof. (US) Dr. Jakob Pastötter, sessuologo e antropologo culturale, presiede la Società tedesca per la ricerca sessuale nel campo delle scienze sociali (DGSS) a Düsseldorf, in Germania

Sarah Regez, presidente del comitato d’iniziativa, in occasione della conferenza stampa del 5 ottobre 2023 a Liestal
Un’iniziativa cantonale promossa nel cantone di Basilea Campagna mira a vietare la lingua gender nella scuola pubblica. La raccolta di firme partirà all’inizio del 2024. L’Associazione Iniziativa di protezione sosterrà gli iniziativisti. «Iniziativa di protezione – Attualità» ha parlato dell’iniziativa con la presidente del Comitato d’iniziativa, Sarah Regez.
INIZIATIVA DI PROTEZIONE – ATTUALITÀ: Che obiettivo si pone l’iniziativa cantonale?
Sarah Regez: L’iniziativa cantonale contro la genderizzazione della lingua nella scuola pubblica chiede che l’inserimento, ormai ampiamente diffuso, di caratteri speciali all’interno delle parole, come il doppio punto, il trattino, la barra, l’asterisco e altre forme analoghe, vengano bandite nelle scuole pubbliche del cantone. Lo scopo è di promuovere modalità di scrittura chiare, linguisticamente corrette, comprensibili e leggibili, che facciano uso del maschile inclusivo o prevedano la scrittura completa, in esteso, dei sostantivi in entrambi i generi.
INIZIATIVA DI PROTEZIONE – ATTUALITÀ: Quante firme devono essere raccolte entro quale lasso di tempo, e a partire da quando?
Sarah Regez: Per un’iniziativa popolare nel cantone di Basilea Campagna servono 1500 firme valide, che devono essere raccolte e consegnate entro due anni. La raccolta delle firme parte all’inizio del 2024.
INIZIATIVA DI PROTEZIONE – ATTUALITÀ: Qual è lamotivazione che la spinge a prendere pubblicamente una posizione così netta contro le genderizzazione della lingua nelle scuole?
Sarah Regez: La lingua è uno strumento straordinariamente potente, soprattutto quando si tratta di spiegare con chiarezza a un interlocutore cosa si intende. La lingua, inoltre, forma e struttura il nostro pensiero. Nelle scuole, è compito dei docenti aiutare gli allievi a sviluppare tali strutture di pensiero e insegnare modalità di comunicazione chiare. Ecco perché non vi è quasi alcun altro luogo in cui l’uso esatto della lingua sia più importante. Il linguaggio gender, tuttavia, è tutt’altro che chiaro, perché da un lato impedisce di descrivere con esattezza i significati e, dall’altro, distrae l’attenzione da contenuti didattici importanti. E, a prescindere da tutto ciò, il cosiddetto «linguaggio sensibile al genere» è grammaticalmente sbagliato e di sicuro non deve entrare nelle scuole.
INIZIATIVA DI PROTEZIONE – ATTUALITÀ: Quali sono le reazioni al suo progetto?
Sarah Regez: Una grande maggioranza delle persone reagisce molto positivamente. Il sostegno va dalle cerchie conservatrici, che tendono a favorire i modelli di ruolo classici, fino all’ala femminista progressista, che teme il sacrificio della donna in quanto soggetto sull’altare dell’ideologia gender. Tutti i gruppi concordano su un punto: la lingua gender va troppo oltre, è discriminatoria, inutile e dannosa.
INIZIATIVA DI PROTEZIONE – ATTUALITÀ: Ha già qualche anticipazione sul comitato d’iniziativa?
Sarah Regez: La nostra iniziativa si rivolge ad un ampio spettro di portatori d’interesse nei vari partiti politici e in numerosi settori apolitici. Il comitato d’iniziativa godrà pertanto di un’ampia rappresentanza.
INIZIATIVA DI PROTEZIONE – ATTUALITÀ: Si tratta solo di lingua o c’è anche dell’altro dietro lal linguaggio gender?
Sarah Regez: Sebbene l’iniziativa riguardi principalmente la lingua scritta e parlata nella scuola pubblica, vale comunque la pena interrogarsi sulle origini e gli scopi di un’ideologia che vorrebbe sbarazzarsi della dualità dei generi, e soprattutto perché questi argomenti finiscono così spesso al centro dell’attenzione nei presunti «luoghi protetti dell’infanzia» come la scuola pubblica.
Non penso sia un caso se i fautori più accaniti della lingua gender sostengano anche la distribuzione di libri con «padri incinti» per un pubblico di bambini tra i 4 e gli 8 anni, promuovano una educazione basata sulla sessualizzazione precoce e sostengano la «lettura di fiabe per fanciulli da parte di drag queen», dove, si noti, le drag queen sono uomini adulti in abiti femminili che danzano e leggono libri «speciali» per bambini.
INIZIATIVA DI PROTEZIONE – ATTUALITÀ: La genderizzazione del linguaggio si prefigge di includere le minoranze, perché vi opponete?
Sarah Regez: La lingua gender non include proprio nessuno, poiché non è affatto chiaro a chi o cosa si rivolga l’asterisco gender. È inaudito mettere paura ai bambini e farli sentire in colpa perché, non usando il linguaggio gender, potrebbero discriminare qualcuno. Ecco, tra l’altro, perché abbiamo scelto il «mostro gender» come soggetto della nostra iniziativa. L’ideologia plagia i bambini e proibisce loro di pensare liberamente, per timore di operare discriminazioni.
INIZIATIVA DI PROTEZIONE – ATTUALITÀ: Quale consiglio darebbe a padri e madri preoccupati e critici nei confronti dell’ideologia gender?
Sarah Regez: È già un bene fare parte della cerchia di genitori preoccupati che si interessano ai contenuti che vengono dispensati quotidianamente ai loro figli nella scuola pubblica. È molto importante che i genitori analizzino con attenzione le dispense e i libri di scuola che vengono consegnati ai loro figli. È anche utile assistere alle lezioni in classe, perché è l’unico modo di scoprire lo stile d’insegnamento di un insegnante. Se l’iniziativa venisse adottata, i genitori avrebbero uno strumento giuridico nelle loro mani. Ecco perché l’iniziativa ha bisogno del sostegno dei lettori di «Iniziativa di protezione – Attualità».

Le chiese dovrebbero proteggere i bambini, non sessualizzarli precocemente!
Non è mai troppo presto per i propagandisti della sessualizzazione precoce, come lo evidenzia il caso dell’educatrice sessuale e sociale Tina Reigel, che invoca una «educazione sessuale sin dall’inizio». È questo, infatti, il titolo della conferenza che ha tenuto il 10 novembre 2023 nella casa parrocchiale evangelica di Brügg, nel circondario evangelico di Bürglen, nel Canton Berna. Tina Reigel non è una persona sconosciuta. È fra le più aggressive sostenitrici della sessualizzazione precoce dei bambini (vedi «Iniziativa di protezione – Attualità» n°. 40)1. In un’intervista sulla rivista «Wir Eltern» (Noi genitori) aveva incoraggiato gli insegnanti a modellare genitali di plastilina in classe con gli allievi di prima elementare.
Ma non è tutto. Nel mirino di Reigel sono finiti anche i bambini in età prescolare. Nelle sue intenzioni, asili nido e scuole dell’infanzia dovrebbero diventare luoghi dove poter fare esperienze sessuali e suggerisce perciò in tutta serietà la creazione, nelle strutture dedicate ai più piccini, di «angoli della masturbazione». Dei fanciulli, soggetti per definizione da proteggere, dovrebbero inoltre essere incoraggiati a «giocare al dottore» per esplorarsi reciprocamente il corpo e le zone intime.
Per Reigel, i bambini sono «esseri sessuali» che si masturbano sin dalla nascita. Gruppi lobbistici fautori di questa ideologia sessuale dentro e fuori il paese motivano un «obbligo educativo a partire dalla nascita» basandosi proprio su affermazioni come queste, che mancano tuttavia di qualsiasi base scientifica e contrastano con lo sviluppo neuropsichico dei bambini in tutte le altre aree. Termini come «diritti sessuali», «salute sessuale» e «sessualità infantile» sono invenzioni che si fondano sul nulla e di natura puramente ideologica. Lo psichiatra dell’infanzia ed ex perito legale presso i tribunali di Parigi Dott. Régis Brunod, avverte che affermazioni del genere nascondono il tentativo di giustificare aggressioni sessuali ai danni di fanciulli, alcune anche perpetrate con la scusante della scienza o della prevenzione. Afferma il Dott. Brunod: «L’assenza della sessualità nei bambini è il fondamento su cui si basa qualsiasi forma di prevenzione della pedocriminalità.»
«Teologia femminista» e ideologia gender
Ci poniamo una domanda: cosa spinge una comunità evangelica a offrire una piattaforma divulgativa guarda caso proprio a una sostenitrice estrema della sessualizzazione precoce? Forse potrebbe esserci qualche legame con la pastora di Bürglen, Lea Wenger-Scherler, che nel gennaio del 2023, durante la trasmissione «Das Wort zum Sonntag», in onda in prima serata alla televisione svizzera di lingua tedesca, aveva tenuto una predica dai toni decisamente singolari in cui diceva che non è poi così importante se un bambino è «maschio o femmina, entrambi o nessuno dal punto di vista biologico», poiché esiste anche la categoria «non binario».
Sono parole proferite da una pastora coniugata con una donna, con la quale cresce un figlio, e che per sua stessa affermazione dice starle «particolarmente a cuore» la sua «teologia femminista e l’ecologia». Parrebbe essere proprio questo orientamento ideologico ad averle assicurato l’impiego alla televisione svizzera: «Penso che una persona con un orientamento più conservatore non l’avrebbe assunta», fu il commento espresso a suo da Wenger-Scherler al «Bieler Tagblatt.»2.
Sessualità senza freni proiettata sui bambini
Tra le altre cose, Reigel gestisce il blog «Little Fellow», dove invita genitori ed educatori a usare, interagendo con i bambini, frasi come «vorrei che tu viva il tuo corpo come un opera miracolosa di piacere.» Anche nel suo blog parla di «giochi del dottore» e promuove lo «sviluppo della sessualità» sin dalla nascita. Sul sesso nel secondo anno di vita scrive: «Masturbazione infantile: già i bambini sono in grado di ottenere una scarica orgasmica.» E questo è «ok e salutare per lo sviluppo sessuale». Si tratta tuttavia di dichiarazioni prive di fondamento scientifico oltre che molto pericolose, che in cerchie pedofile possono facilmente fungere da giustificazione per l’abuso sessuale.
Con la richiesta di attuare una «educazione sessuale sin dall’inizio», di creare una clitoride o un pene di plastilina insieme ai bambini di prima elementare, di attrezzare «angoli della masturbazione» negli asili nido e di abbattere le barriere di genere, Tina Reigel mette deliberatamente a rischio l’istituzione della famiglia e lo sviluppo sano dei bambini. Peccato che ai fanciulli a essere dispensata sin dall’inizio, in questo luogo, non sia «La Parola», ma la «sessualità senza freni».
1 «Iniziativa di protezione – Attualità» n° 40: ed. giugno-agosto 2022, pagg 2,3,
www.iniziativa-di-protezione.ch/wp-content/uploads/2022/06/Web_KSI_40_IT.pdf
2 Vedi l’articolo apparso su «Iniziativa di protezione – Attualità» n° 43

Agenda scolastica LGBTIQ ticinese turba allievi di quinta elementare: «Ognuno ha il diritto di essere la persona che si sente di essere.»
Ha suscitato scalpore in Canton Ticino la prevista distribuzione ad allieve e allievi di quinta elementare di un’agenda dai contenuti ideologici LGBTIQ. La distribuzione della controversa agenda era programmata per l’inizio del nuovo anno scolastico. Immagini, testi e collegamenti ipertestuali indottrinano ragazze e ragazzi e spiegano loro che si può persino «scegliere e cambiare» il proprio sesso.
L’agenda scolastica, che doveva essere distribuita in tutte le scuole del cantone all’inizio del muovo anno scolastico, è stata realizzata con soldi pubblici, promuove l’ideologia gender e la sessualizzazione precoce, e contiene vari altri contenuti problematici. Le proteste non si sono fatte attendere.
HelvEthica Ticino, un partito nuovo sulla scena politica del cantone, ha messo in guardia dall’agenda scolastica per mezzo di un comunicato stampa. Rina Ceppi-Bettosini, candidata del partito al Consiglio nazionale e nota all’Associazione Iniziativa di protezione, durante la conferenza stampa1 per il lancio della corsa alle camere federali ha
esplicitamente messo in guardia dalle infiltrazioni ideologiche gender e dalla sessualizzazione precoce che contaminano il sistema educativo del Cantone.
Anche altri partiti (UDF, UDC e LEGA) hanno chiesto alla ex Consigliera agli Stati socialista Marina Carobbio Guscetti, direttrice del Dipartimento educazione cultura e sport (DECS2), di sospendere la distribuzione dell’agenda, i cui contenuti costituirebbero un lavaggio del cervello ideologico e creerebbero confusione sul genere, dato che in realtà non esiste un «terzo sesso». Le proteste non sono state del tutto invano: infatti vari comuni del cantone hanno deciso di non distribuire la contestata agenda o di metterla disposizione dei genitori se richiesta.
La reazione pubblica alla controversa agenda scolastica, che sembra volere imporre la «fluidità di genere» a ragazze e ragazzi, se non altro ha dimostrato una cosa: qualcuno deve alzarsi e dire forte e chiaro: «Il re è nudo!».
Ci sono altri modi per sostenere i giovani nella ricerca della loro identità personale e di genere. Sfruttare il disagio
di alcuni pochi adolescenti per imporre alla stragrande maggioranza una pericolosa ideologia sessuale non fa però altro che generare confusione e nuocere alla salute.
1 Conferenza stampa del 22 agosto 2023 (video): Contributo di Ceppi-Bettosini: helvethica-ticino.ch/elezioni-federali-2023-programma-politico-22-08-2023/ (da 1:17:10) / www.chiassotv.ch
2 DECS: Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport

Appello «Stop alla disinformazione nelle emittenti radiotelevisive pubbliche»:
Gli esempi di propaganda transgender senza ritegno presenti nelle emittenti radiotelevisive pubbliche che riscuotono il canone obbligatorio si sprecano.